lunedì 31 dicembre 2007

Buon anno



Circondato fedelmente e silenziosamente da forze buone, custodito e confortato meravigliosamente voglio trascorrere questi giorni con voi e con voi incamminarmi verso il nuovo anno.

Le cose passate tormentano i nostri cuori, il peso duro dei giorni brutti ci opprime: o Signore, dà ai nostri spiriti affranti la salvezza che ci hai preparato. Tu ci porgi il pesante e amaro calice della passione, pieno fino all'ultima goccia: noi lo prendiamo, grati, senza tremare, dalle tue care e buone mani.

Eppure, tu vuoi darci ancora la gioia per questo mondo e lo splendore del suo sole: ci ritorna alla mente il nostro passato e a te appartiene tutta la nostra vita.

Fa' che le candele che hai portato al nostro buio oggi ardano in silenzio e caldamente; raccoglici, se è possibile, di nuovo insieme: noi lo sappiamo, la tua luce arde nella notte.

Se ora si diffonde attorno a noi il silenzio, fa' che percepiamo il suono delle cose che, invisibili, si ergono attorno a noi, inno di lode di tutti i tuoi figli.

Custoditi meravigliosamente da forze buone aspettiamo, felici, le cose future: Dio è con noi la sera e la mattina e, sicuramente, ogni nuovo giorno.


Dietrich Bonhoeffer, Una luce nel buio

sabato 29 dicembre 2007

Ancora sul dono...


Credo, Signore, che sarei capace di compiere una volta, qualche atto straordinario. Un'azione che impegnerebbe tutto me stesso, se fossi sconvolto da una sventura, colpito da un'ingiustizia, se uno dei mie cari fosse in pericolo...
Ma ciò che mi umilia e spesso mi scoraggia, è che non sono capace di donare la mia vita pezzo a pezzo, giorno dopo giorno, ora dopo ora, minuto dopo minuto, donare, sempre donare... e darmi!
Questo non posso farlo e tuttavia è certamente ciò che tu mi chiedi...
Ogni giorno mille frammenti di vita da donare, in mille possibili gesti d'amore, che più non si vedono tanto sono abituali, e più non si notano tanto sono banali, ma di cui tu mi dici di aver bisogno per mettere insieme un'offerta e perché un giorno io possa dire in verità:

Ai miei fratelli io ho donato tutta la mia vita.
E' ciò che desideri, Signore, ma non ne sono capace... non posso farlo, lo so, ed ho paura.

Figliolo, io non ti chiedo di riuscire sempre, ma di provarci sempre.
E soprattutto ascoltami, ti chiedo di accettare i tuoi limiti, di riconoscere la tua povertà e di farmene dono, perché donare la propria vita non vuol dire donare soltanto le proprie ricchezze, ma anche la propria povertà, i propri peccati.
Fa' questo, figliolo, e con i pezzi di vita sciupata, da te sottratti a tutti coloro che aspettano, colmerò i vuoti, dandoti in cambio la durata, perché nelle mie mani la tua povertà offerta, diventerà ricchezza per l'eternità.


Michel Quoist, Signore non sono capace

giovedì 27 dicembre 2007

Quando dai, aggiungi un pò di te


Quando dai, aggiungi sempre

un po' di te a ciò che dai:

un pizzico della tua mente,

un battito del tuo cuore,

una vibrazione della tua anima.

E avrai dato di più.

Quando dai,

fallo sempre col sorriso sulle labbra,

aggiungici poi una manciata di gioia e d'allegria,

e porgi il tutto con la mano dell'amore.

E avrai dato di più.

Quando dai non pensare di ricevere

e riceverai tanto, e subito;

la gioia di aver dato

e la vittoria sul tuo egoismo.

Se quando dai,

dai anche te stesso darai di più,

e riceverai di più.


(Fonte non specificata)

sabato 22 dicembre 2007

Buon Natale


Tu che ne dici o Signore, se in questo Natale

faccio un bell'albero dentro il mio cuore e ci attacco

invece dei regali,i nomi di tutti i miei amici?

Gli amici lontani e vicini. Gli antichi e i nuovi.

Quelli che vedo tutti i giorni e quelli che vedo di rado.

Quelli che ricordo sempre

e quelli che, alle volte, restano dimenticati.

Quelli costanti e intermittenti.

Quelli delle ore difficili e quelli delle ore allegre.

Quelli che, senza volerlo, mi hanno fatto soffrire.

Quelli che conosco profondamente

e quelli dei quali conosco solo le apparenze.

Quelli che mi devono poco e quelli ai quali devo molto.

I miei amici semplici ed i miei amici importanti.

I nomi di tutti quelli che sono già passati nella mia vita.

Vi porrò un albero con radici molto profonde

perché i loro nomi non escano mai dal mio cuore.

Un albero dai rami molto grandi,

perché nuovi nomi venuti da tutto il mondo

si uniscano ai già esistenti.

Un albero con un'ombra molto gradevole,

la nostra amicizia sia un momento di riposo

durante le lotte della vita.



Un augurio di BUON NATALE a tutti voi

venerdì 21 dicembre 2007

Tu vedi più lontano di me

Ogni volta che non so spiegarmi il perchè delle cose, ogni volta che la sofferenza o il dubbio si fanno strada in me, ogni volta che non trovo il senso, penso sempre che TU vedi più lontano di me...


Avevo agito bene
avevo le risposte
la strada era quella giusta
ma mi ha portato qua
Conosci le mie pene
per questo chiedo aiuto
adesso che ho rinunciato
io sò la verità
TU VEDI PIU LONTANO DI ME
TU SAI LA VIA
NON VOGLIO SAPERE PERCHE
TU VEDI PIU LONTANO DI ME
se questo è un saggio
non ne vedo la ragione
c’ho messo tutta l’ intenzione
ma forse no,non basta
non voglio fare peggio
la fede sai mi aiuta
ripongo in te tutta la mia fiducia
e tutto ciò che resta
MA TU VEDI PIU LONTANO DI ME
TU SAI LA VIA
NON VOGLIO SAPERE IL PERCHE
TU VEDI PIU LONTANO DI ME
credevo che una nuvola fosse il cielo
ho visto un uccello volare
e l’ho seguito
credevo di poter spiccare il volo
ma tu puoi plasmarmi
devi insegnarmi
TU VEDI PIU LONTANO DI ME
TU SAI LA VIA
NON VOGLIO SAPERE IL PERCHE
TI ASCOLTERO
IO CREDO IN TE
tu vedi più lontano di me.

Eccomi fuori combattimento


Signore, questa volta non ne posso più.
Da mesi mi sono intestardito
a compiere tutto il mio dovere professionale,
ad accontentare diligentemente
tutti coloro che mi chiedevano
piccoli e grandi favori.
Mi ci sono ostinato.
E' così desolante
lasciare incompleto un lavoro
che in realtà non sarà mai completato.
È normale che uno si ostini
a tener duro, spossandosi.
Eccomi dunque, Signore,
per un certo tempo o per sempre,
non so, fuori combattimento.
Sia fatta la tua volontà.
So che siamo sempre dei servi inutili,
l'essenziale è amarti
e continuare ad amare
intensamente i propri fratelli
quando pare impossibile
poter essere utili per loro.
Tu solo sai ciò che è meglio
e io mi affido a te, Signore.


(L.J. Lebret)

mercoledì 19 dicembre 2007

L'agitazione


Ibn Omar, dopo avermi preso per la spalla, mi disse: «Nel mondo sii come uno straniero o un viandante. Quando hai fatto sera, non stare con frenesia in attesa del mattino e, se hai fatto mattino, non desiderare con agitazione la sera. Approfitta della tua salute per prepararti a quando sarai malato e della tua vita per la tua morte».
Col vocabolo arabo hadith si indicano i detti di sapienza, attribuiti a vari personaggi (a partire da Maometto), che fanno parte della tradizione musulmana. Nel IX sec. Muhammad al-Bukhari iniziò a raccoglierli e da questo suo suggestivo fondo sapienziale ho oggi attinto per proporre una riflessione spirituale. Siamo in Avvento, il tempo dell’attesa. Ebbene, c’è una tensione che può essere pericolosa perché in realtà si rivela come agitazione, eccitazione, frenesia.
Così, se è sera, si vorrebbe il mattino; se si è malati, si vorrebbe essere sani; se si è in riposo, ci si annoia, e così via, in una continua insoddisfazione, al punto tale da non riuscire più a vivere il presente. Questa non è attesa, è esasperazione, è stress, è scontentezza permanente. Ecco, allora, la lezione della sapienza di tutte le grandi culture e spiritualità: approfitta, invece, del presente per costruire il futuro; dà senso all’oggi e saprai godere il domani. Se si dovesse guardare dall’alto una città moderna, essa assomiglia a un formicaio impazzito e questo non perché un piede gigantesco l’ha sconvolta ma perché è nei cuori che alligna l’ansia, la tensione, il nervosismo.

Diceva Gesù: «Non affannatevi per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena»
(Matteo 6, 34).

(Tratto da : Mattutino , di Mons. Ravasi sul quotidiano Avvenire)

lunedì 17 dicembre 2007

Il mio nome è Pazienza


Purtroppo la pazienza non è tra le mie qualità principali, ecco perchè quando lessi questo articolo che qui vi riporto, mi sono fermata a riflettere sul valore di questa virtù a me ancora così sconosciuta e per me così lontana.
Io che vorrei sempre tutto e subito, dovrei imparare ad aspettare i tempi di Dio.
La nostra concezione di tempo è ben più limitata, vede sì, ma fino ad un certo punto, ed è qui che rimaniamo fregati, quando vogliamo dare un tempo a tutto, ma il Nostro tempo, vogliamo misurare con la nostra Misura, l'Incommensurabile.
Vorrei allora chiedere a Dio per Natale, di farmi questo Dono: di avere pazienza con i figli, con mio marito, con la mia stessa vita.

"C'è chi dice che in paradiso Dio chiami ciascun eletto col nome di una virtù. Non potrà chiamarmi Speranza: non ho atteso nessuna gioia sulla terra né in cielo. Né Fede: non sono stata certa. Né Carità: ho amato Dio e il prossimo con parsimonia. Né Generosità: ho contato, pesato, misurato tutto. Né Zelo: non ho cercato di conquistare. Né Povertà: mi compiaccio del mio benessere. Né Umiltà: mi compiaccio dei miei pensieri. Né Sincerità: non sono vera. Né Scienza: non ho memoria. Né Pietà: non ho ardore. Il nome sarà quello dell'asino: Dio mi chiamerà Pazienza."

La citazione è oggi un po' lunga, ma le parole della poetessa spirituale francese Marie Noël (1883-1967) nel suo Diario segreto sono così limpide da non esigere lunghi commenti.
Avere la virtù dell'animale più disprezzato ma anche più utile e semplice è in verità una qualità importante che trascina con sé altre virtù in modo implicito. In una società come la nostra che vive con frenesia, che non sa attendere, che vuole tutto "in tempo reale", che inveisce se è in fila e l'altro non si sbriga, che "non ha tempo", l'invito alla pazienza può sembrare una stravaganza "da orientali" che non hanno niente da fare, come si è soliti dire.
E invece bisognerebbe di più pensare a quello che un altro scrittore francese più celebre, Honoré de Balzac, aveva affermato in uno dei tre racconti delle Illusioni perdute (1837-43): «La pazienza è ciò che nell'uomo più somiglia al procedimento che la natura usa nelle sue creazioni». Per fare un bambino ci vogliono nove mesi e per scrivere un capolavoro forse decenni.
Non entriamo in questo nuovo anno pretendendo tutto e subito, ma affidiamoci alla pazienza che conosce i ritmi e i tempi della vita, e quindi genera serenità e fiducia.

(Tratto da : Mattutino , di Mons. Ravasi sul quotidiano Avvenire)

venerdì 14 dicembre 2007

Sul dare


In questo periodo di regali, di pacchi e pacchettini, mi sono chiesta in cosa consista il Dono, ma quello Vero, quello sofferto.

Mi sono chiesta quanto io sia capace di dare , stimolata in questa riflessione da una iniziativa tenuta in questi giorni nel mio paese, cioè quella dell'adozione a distanza di cui si occupa l'associazione, di cui riporto il link: http://www.amiciguatemala.it/.

Adottare un bambino a distanza è un grande atto di generosità verso gli altri, può sembrare semplice, ma non lo è, abituati come siamo a pensare solo a noi stessi e al nostro benessere.

In mio aiuto, oltre ovviamente alle Sacre Scritture, viene il brano di Gibran che parla proprio del Dono, di quanto sia importante donare agli altri, non quello che siamo capaci di dare, ma quello che non penseremmo mai di poter donare.

In primis, IL DONO DI NOI STESSI e della nostra vita e poi il dono di tutto ciò che abbiamo, la nostra capacità di privarci di qualcosa che riteniamo essenziale...

E' questo il vero dono...


" Se amate quelli che vi amano, che merito ne avrete?
Anche i peccatori fanno lo stesso.

E se fate del bene a coloro che vi fanno del bene, che merito ne avrete?

Anche i peccatori fanno lo stesso.

E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, che merito ne avrete?

Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto.

Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla,
e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell'Altissimo...
Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro”


Dal Vangelo secondo Luca (6,27-36)


Allora un uomo ricco disse:
Parlaci del Dare.

E lui rispose:
Date poca cosa se date le vostre ricchezze.
È quando date voi stessi che date veramente.
Che cosa sono le vostre ricchezze
se non ciò che custodite e nascondete nel timore del domani?
E domani, che cosa porterà il domani al cane troppo previdente che sotterra l'osso nella sabbia senza traccia,
mentre segue i pellegrini alla città santa?
E che cos'è la paura del bisogno se non bisogno esso stesso?
Non è forse sete insaziabile il terrore della sete quando il pozzo è colmo?

Vi sono quelli che danno poco del molto che possiedono,
e per avere riconoscimento,
e questo segreto desiderio contamina il loro dono.
E vi sono quelli che danno tutto il poco che hanno.
Essi hanno fede nella vita e nella sua munificenza,
e la loro borsa non è mai vuota.

Vi sono quelli che danno con gioia e questa è la loro ricompensa.
Vi sono quelli che danno con rimpianto e questo rimpianto è il loro sacramento.
E vi sono quelli che danno senza rimpianto né gioia e senza curarsi del merito.
Essi sono come il mirto che laggiù nella valle effonde nell'aria la sua fragranza.
Attraverso le loro mani Dio parla,
e attraverso i loro occhi sorride alla terra.
È bene dare quando ci chiedono,
ma meglio è comprendere e dare quando niente ci viene chiesto.
Per chi è generoso, cercare il povero è gioia più grande che dare.

E quale ricchezza vorreste serbare?
Tutto quanto possedete un giorno sarà dato.
Perciò date adesso,
affinché la stagione dei doni possa essere vostra e non dei vostri eredi.
Spesso dite: "Vorrei dare ma solo ai meritevoli".
Le piante del vostro frutteto non si esprimono così né le greggi del vostro pascolo.
Esse danno per vivere, perché serbare è perire.

Chi è degno di ricevere i giorni e le notti,
è certo degno di ricevere ogni cosa da voi.
Chi merita di bere all'oceano della vita,
può riempire la sua coppa al vostro piccolo ruscello.
E quale merito sarà grande quanto la fiducia,
il coraggio, anzi la carità che sta nel ricevere?
E chi siete voi perché gli uomini vi mostrino il cuore,
e tolgano il velo al proprio orgoglio così che possiate vedere il loro nudo valore
e la loro imperturbata fierezza?

Siate prima voi stessi degni di essere colui che da
e allo stesso tempo uno strumento del dare.
Poiché in verità è la vita che da alla vita,
mentre voi, che vi stimate donatori,
non siete che testimoni.

E voi che ricevete – e tutti ricevete –
non permettete che il peso della gratitudine imponga un giogo a voi e a chi vi ha dato.
Piuttosto i suoi doni siano le ali su cui volerete insieme.
Poiché preoccuparsi troppo del debito è dubitare della sua generosità
che ha come madre la terra feconda,
e Dio come padre.

Kahlil Gibran

mercoledì 12 dicembre 2007

Riflessioni



Non siamo capaci di ascoltarli, P.Crepet

lunedì 10 dicembre 2007

Vita e biglie di cristallo



Castelli di rabbia, A.Baricco

giovedì 6 dicembre 2007

Pensieri Quotidiani


Le peggiori difficoltà e le peggiori sofferenze, per l'uomo, cominciano nel momento in cui egli crede di essere il solo padrone del proprio destino, che non esistano né Provvidenza né entità luminose per guidarlo e sostenerlo. Così taglia tutti i legami con il Cielo, e allora non è più un figlio di Dio al riparo dalle preoccupazioni. Non appena smette di fare affidamento sul Padre e sulla Madre celesti, tutte le sofferenze incominciano ad abbattersi su di lui, e si sente solo. Egli deve capire che è colpa sua: il Cielo non lo ha abbandonato; è lui che ha abbandonato il Cielo. Per risolvere i vostri problemi, per essere sempre aiutati, nutriti e illuminati, non dovete mai tagliare il legame con il Cielo, perché il Cielo non lascia mai che un suo figlio pianga in solitudine.

Omraam Mikhael Aivanhov

martedì 4 dicembre 2007

Happy birthday to...



...ME

lunedì 3 dicembre 2007

Preghiera



Dammi il supremo coraggio dell'amore,
questa è la mia preghiera,
coraggio di parlare,
di agire, di soffrire,
di lasciare tutte le cose, o di essere lasciato solo.
Temperami con incarichi rischiosi, onorami con il dolore,
e aiutami ad alzarmi ogni volta che cadrò.
Dammi la suprema certezza nell'amore, e dell'amore,
questa è la mia preghiera,
la certezza che appartiene alla vita
nella morte, alla vittoria nella sconfitta,
alla potenza nascosta nella più fragile bellezza,
a quella dignità nel dolore, che accetta l'offesa, ma disdegna di ripagarla
con l'offesa.


.:K.Gibran:.

sabato 1 dicembre 2007

Fammi un ritratto...



Fammi un ritratto del sole-

Così che io possa appenderlo in camera mia-

E possa fingere di scaldarmi

Mentre gli altri lo chiamano " Giorno"!

Disegnami un pettirosso- su un ramo-

Così che io possa ascoltarlo - mentre dormo-

E quando cesserà il campo nei campi-

Anch'io deporrò la mia illusione.

Dimmi se e' vero che fa caldo a mezzogiorno

Se sono i ranuncoli- quelli che volano-

O le farfalle- quelle che fioriscono.

Poi, manda via il gelo dai prati

E scaccia la ruggine dagli alberi

Dammi l'illusione che- ruggine e gelo-

Non debbano più tornare!



EMILY DICKINSON


mercoledì 28 novembre 2007

Calma


Ci vuole proprio un po' di calma, per affrontare la vita ogni giorno, ogni giorno barcamenarsi in un intreccio di ore, momenti, attimi, che una volta passati non ritornano più.
Ci vuole calma, per potere discernere il da farsi, concentrare i pensieri e le forze, muoversi, ma con accortezza tra sogni e desideri, avanzare con sicurezza davanti al tempo che passa , ai sorrisi che fuggono, ai gesti mancati che rimangono sospesi nell'aria...



Poiché l'alba si accende, ed ecco l'aurora,
poiché, dopo avermi a lungo fuggito, la speranza consente
a ritornare a me che la chiamo e l'imploro,
poiché questa felicità consente ad esser mia,

facciamola finita coi pensieri funesti,
basta con i cattivi sogni, ah! soprattutto
basta con l'ironia e le labbra strette
e parole in cui uno spirito senz'anima trionfava.

E basta con quei pugni serrati e la collera
per i malvagi e gli sciocchi che s'incontrano;
basta con l'abominevole rancore! basta
con l'oblio ricercato in esecrate bevande!

Perché io voglio, ora che un Essere di luce
nella mia notte fonda ha portato il chiarore
di un amore immortale che è anche il primo
per la grazia, il sorriso e la bontà,

io voglio, da voi guidato, begli occhi dalle dolci fiamme,
da voi condotto, o mano nella quale tremerà la mia,
camminare diritto, sia per sentieri di muschio
sia che ciottoli e pietre ingombrino il cammino;

sì, voglio incedere dritto e calmo nella Vita
verso la meta a cui mi spingerà il destino,
senza violenza, né rimorsi, né invidia:
sarà questo il felice dovere in gaie lotte.

E poiché, per cullare le lentezze della via,
canterò arie ingenue, io mi dico
che lei certo mi ascolterà senza fastidio;
e non chiedo, davvero, altro Paradiso.


P.Verlaine

lunedì 26 novembre 2007

Aspettando Godot


"...Che potrei fare, è questo che mi dico,
per aiutarli a passare il tempo?
Gli ho dato degli ossi,
gli ho parlato di questo e quest'altro,
gli ho spiegato il crepuscolo,
tutto questo va benissimo.
Per non dire altro.
Ma può bastare,
è questo che mi angustia,
può bastare?..."


S.Beckett, Aspettando Godot


Ho sempre adorato quest'opera teatrale, così assurda, così inverosimile, ed allo stesso tempo così vera e reale.
Mi riporta ai
miei giorni vissuti nell'attesa di qualcosa di cui neanche io ho ben chiara la natura,e scivolando tra un Forse e un Non lo so, mi perdo nella lunga attesa di ciò che spero Verrà.
Intanto attendo.
Chi mi conosce pensa che ho tutto, che non c'è niente che mi manca, come donna posso dirmi realizzata come mamma e come moglie, però c'è qualcosa, nei meandri del mio essere e del mio sentire, c'è qualcosa che manca...
Sarà la difficoltà vissuta ogni giorno di poter conciliare ogni cosa, di riporre al giusto posto i pezzi sparsi del puzzle della mia vita, i progetti, i sogni, i desideri inespressi...
Quello che attendo è forse la realizzazione di un sogno?

"...Vivo tutti i miei giorni aspettando Godot, dormo tutte le notti aspettando Godot.

Ho passato la vita ad aspettare Godot.

Nacqui un giorno di marzo o d'aprile non so, mia madre che mi allatta è un ricordo che ho,
ma credo che già in quel giorno però invece di poppare io aspettassi Godot.

Nei prati verdi della mia infanzia, nei luoghi azzurri di cieli e acquiloni, nei giorni sereni che non rivedrò io stavo già aspettando Godot.

L'adolescenza mi strappò di là, e mi portò ad un tavolo grigio, dove fra tanti libri però, invece di leggere aspettavo Godot.

Giorni e giorni a quei tavolini, gli amici e le donne vedevo vicini, io mi mangiavo le mani però, non mi muovevo e aspettavo Godot.

Ma se i sensi comandano l'uomo obbedisce, così sposai la prima che incontrai, ma anche la notte di nozze però, non feci nulla aspettando Godot.

Poi lei mi costrinse ed un figlio arrivò, piccolo e tondo urlava ogni sera, ma invece di farlo giocare un po', io uscivo fuori ad aspettare Godot.

E dopo questo un altro arrivò, e dopo il secondo un altro però, per esser del tutto sincero dirò, che avrei preferito arrivasse Godot.

Sono invecchiato aspettando Godot, ho sepolto mio padre aspettando Godot, ho cresciuto i miei figli aspettando Godot.

Sono andato in pensione dieci anni fa, ed ho perso la moglie acquistando in età, i miei figli son grandi e lontani però, io sto ancora aspettando Godot.

Questa sera sono un vecchio di settantanni, solo e malato in mezzo a una strada, dopo tanta vita più pazienza non ho, non posso più aspettare Godot.

Ma questa strada mi porta fortuna, c'è un pozzo laggiù che specchia la luna, è buio profondo e mi ci butterò, senza aspettare che arrivi Godot.

In pochi passi ci sono davanti, ho il viso sudato e le mani tremanti, e la prima volta che sto per agire, senza aspettare che arrivi Godot.

Ma l'abitudine di tutta una vita, ha fatto si che ancora una volta, per un momento io mi sia girato, a veder se per caso Godot era arrivato.

La morte mi ha preso le mani e la vita, l'oblio mi ha coperto di luce infinita, e ho capito che non si può, coprirsi le spalle aspettando Godot.

Non ho mai agito aspettando Godot, per tutti i miei giorni aspettando Godot, e ho incominciato a vivere forte, proprio andando incontro alla morte, ho incominciato a vivere forte, proprio andando incontro alla morte..."



Claudio Lolli, "Aspettando Godot"

domenica 25 novembre 2007

Sofferenza


Ti ho trovato in tanti posti, Signore.
Ho sentito il battito del tuo cuore
nella quiete perfetta dei campi,
nel tabernacolo oscuro di una cattedrale vuota,
nell'unità di cuore e di mente
di un'assemblea di persone che ti amano.
Ti ho trovato nella gioia,
dove ti cerco e spesso ti trovo.

Ma sempre ti trovo nella sofferenza.
La sofferenza è come il rintocco della campana
che chiama la sposa di Dio alla preghiera.

Signore, ti ho trovato nella terribile grandezza
della sofferenza degli altri.
Ti ho visto nella sublime accettazione
e nell'inspiegabile gioia
di coloro la cui vita è tormentata dal dolore.

Ma non sono riuscito a trovarti
nei miei piccoli mali e nei miei banali dispiaceri.
Nella mia fatica
ho lasciato passare inutilmente
il dramma della tua passione redentrice,
e la vitalità gioiosa della tua Pasqua è soffocata
dal grigiore della mia autocommiserazione.

Signore io credo. Ma tu aiuta la mia fede.


Madre Teresa di Calcutta

sabato 24 novembre 2007

Addomesticare...



La volpe tacque e guardo' a lungo il piccolo principe:
"Per favore... addomesticami", disse.
"Volentieri", disse il piccolo principe, "ma non ho molto tempo, pero'.
Ho da scoprire degli amici, e da conoscere molte cose".

"Non ci conoscono che le cose che si addomesticano", disse la volpe.
"Gli uomini non hanno piu' tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose gia' fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno piu' amici.
Se tu vuoi un amico addomesticami!"

"Che cosa bisogna fare?" domando' il piccolo principe.
"Bisogna essere molto pazienti", rispose la volpe. "In principio tu ti sederai un po' lontano da me, cosi', nell'erba. Io ti guardero' con la coda dell'occhio e tu non dirai nulla.
Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po' piu' vicino..."

Il piccolo principe ritorno' l'indomani.
"Sarebbe stato meglio ritornare alla stessa ora", disse la volpe.
"Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincero' ad essere felice. Col passare dell'ora aumentera' la mia felicita'.
Quando saranno le quattro, incomincero' ad agitarmi e ad inquietarmi;
scopriro' il prezzo della felicita'!
Ma se tu vieni non si sa quando, io non sapro' mai a che ora prepararmi il cuore... ".


"Il piccolo Principe", A.De Saint-Exupèry

venerdì 23 novembre 2007

La mia poesia...



La mia poesia è alacre come il fuoco
trascorre tra le mie dita come un rosario
Non prego perché sono un poeta della sventura
che tace, a volte, le doglie di un parto dentro le ore,
sono il poeta che grida e che gioca con le sue grida,
sono il poeta che canta e non trova parole,
sono la paglia arida sopra cui batte il suono,
sono la ninnanànna che fa piangere i figli,
sono la vanagloria che si lascia cadere,
il manto di metallo di una lunga preghiera
del passato cordoglio che non vede la luce.
da "La volpe e il sipario", A.Merini

giovedì 22 novembre 2007

Buoni propositi


Ho parcheggiato e camminato
non so quanto e non so dove sono, qua
ma so soltanto che si sente un buon profumo,
un bel silenzio e l'acqua che va
lontano da me,
lontano da noi,
lontano dalla giostra che non si ferma mai
e ciò il biglietto sì ma questa corsa
la vorrei lasciare fare a voi

solo a voi, la lascio fare a voi,

che io sto bene qui,
seduto in riva al fosso
io sto bene qui,
seduto in riva al fosso.


Ogni giorno per me è pieno di buoni propositi: oggi studierò, cucinerò, starò con i bambini, curerò la casa, forse riuscirò anche a stirare.
Alla fine della giornata ho realizzato solo una parte di quello che mi ero proposta di fare, chissà perchè poi rinuncio sempre alla stessa cosa...

Dovrei scuotermi un pò, in questo periodo sono un pò troppo intorpidita, mi sembra di vivere e rivivere ogni giorno la stessa storia, un pò come quello schifo di soap che la tv ci propina, per farci credere che la vita sia lì, in ciò che vediamo.
Ad esempio, avete mai visto a Beautiful qualcuno fare le pulizie? O preoccuparsi per l'imminenza di un esame universitario? Mah!
Misteri.
Certo, sono una mamma molto elastica, però anch'io capita a volte che mi spezzi...
E qui subentra un altro discorso, sullo spezzarsi per amore dell'altro , sì, cerco di farlo secondo lo spirito cristiano, ma nn sempre col sorriso sulla bocca, più spesso nella mormorazione.
Mi viene in mente in proposito un brano dal Diario di Santa Faustina Kowalska:

Aiutami, o Signore, a far si che i miei occhi siano misericordiosi,
in modo che io non nutra mai sospetti e non giudichi sulla base di apparenze esteriori, ma sappia scorgere ciò che c'è di bello nell'anima del mio prossimo e gli sia di aiuto.

Aiutami a far si che il mio udito sia misericordioso,
che mi chini sulle necessità del mio prossimo,
che le mie orecchie non siano indifferenti ai dolori ed ai gemiti del mio prossimo. Aiutami, o Signore, a far si che la mia lingua sia misericordiosa
e non parli mai sfavorevolmente del prossimo,
ma abbia per ognuno una parola di conforto e di perdono.
Aiutami, o Signore, a far sì che le mie mani siano misericordiose
e piene di buone azioni,
in modo che io sappia fare unicamente del bene al prossimo e prenda su di me i lavori più pesanti e più penosi.

Aiutami a far sì che i miei piedi siano misericordiosi,
in modo che io accorra sempre in aiuto del prossimo,
vincendo la mia indolenza e la mia stanchezza.
il mio vero riposo sta nella disponibilità verso il prossimo.

Aiutami, Signore, a far si che il mio cuore sia misericordioso,
in modo che partecipi a tutte le sofferenze del prossimo.

A nessuno rifiuterò il mio cuore.


Questo


Dicon che fingo o mento
quanto io scrivo. No:
semplicemente sento
con l’immaginazione,
non uso il sentimento.

Quanto traverso o sogno,
quanto finisce o manco
è come una terrazza
che dà su un’altra cosa.
É questa cosa che è bella.

Così, scrivo in mezzo
a quanto vicino non è:
libero dal mio laccio,
sincero di quel che non è.
Sentire? Senta chi legge.



F.Pessoa

mercoledì 21 novembre 2007

La lettera d'amore...


In questo modo, così romantico, chiudo la trilogia:

La lettera d'amore, che in me ho scritto e corretto / cento volte fino a quando tutto fosse perfetto, / e che mettendo l'anima e il foglio insieme accanto, / basterebbe in un attimo ricopiarla soltanto. / Son nelle vostre mani, il foglio è la mia voce, / l'inchiostro è il mio sangue, la lettera è la Voce. / Giuro che in tutto il mio corpo corre la febbre, / giuro che innanzi a voi grida il mio cuor trafitto, / e se i baci potessero inviarsi per iscritto / li leggereste con le vostre labbra ebbre. / Lontan da questo mondo cupo, plebeo, bugiardo, / esisterà un paese per cuori di riguardo. / Lontan da questo mondo amaro e senza amore / esisterà un paese per l'altro nostro cuore.

E. Rostand, Cirano De Bergerac



martedì 20 novembre 2007

Cirano De Bergerac - La Catarsi

Ecco per voi uno spezzone del film. E' la scena del balcone in cui Cirano,(interpretato in modo eccellente da un inimitabile Depardie) per la prima volta, fingendosi Cristiano, ha il coraggio di parlare d'amore a Rossana.
Nulla da aggiungere.

Cirano

Venite pure avanti, voi con il naso corto, signori imbellettati, io più non vi sopporto,
infilerò la penna ben dentro al vostro orgoglio perchè con questa spada vi uccido quando voglio.

Venite pure avanti poeti sgangherati, inutili cantanti di giorni sciagurati,
buffoni che campate di versi senza forza avrete soldi e gloria, ma non avete scorza;
godetevi il successo, godete finchè dura, che il pubblico è ammaestrato e non vi fa paura
e andate chissà dove per non pagar le tasse col ghigno e l' ignoranza dei primi della classe.
Io sono solo un povero cadetto di Guascogna, però non la sopporto la gente che non sogna.
Gli orpelli? L'arrivismo? All' amo non abbocco e al fin della licenza io non perdono e tocco,
io non perdono, non perdono e tocco!

Facciamola finita, venite tutti avanti nuovi protagonisti, politici rampanti,
venite portaborse, ruffiani e mezze calze, feroci conduttori di trasmissioni false
che avete spesso fatto del qualunquismo un arte, coraggio liberisti, buttate giù le carte
tanto ci sarà sempre chi pagherà le spese in questo benedetto, assurdo bel paese.
Non me ne frega niente se anch' io sono sbagliato, spiacere è il mio piacere, io amo essere odiato;
coi furbi e i prepotenti da sempre mi balocco e al fin della licenza io non perdono e tocco,
io non perdono, non perdono e tocco!

Ma quando sono solo con questo naso al piede
che almeno di mezz' ora da sempre mi precede
si spegne la mia rabbia e ricordo con dolore
che a me è quasi proibito il sogno di un amore;
non so quante ne ho amate, non so quante ne ho avute,
per colpa o per destino le donne le ho perdute
e quando sento il peso d' essere sempre solo
mi chiudo in casa e scrivo e scrivendo mi consolo,
ma dentro di me sento che il grande amore esiste,
amo senza peccato, amo, ma sono triste
perchè Rossana è bella, siamo così diversi,
a parlarle non riesco: le parlerò coi versi, le parlerò coi versi...

Venite gente vuota, facciamola finita, voi preti che vendete a tutti un' altra vita;
se c'è, come voi dite, un Dio nell' infinito, guardatevi nel cuore, l' avete già tradito
e voi materialisti, col vostro chiodo fisso, che Dio è morto e l' uomo è solo in questo abisso,
le verità cercate per terra, da maiali, tenetevi le ghiande, lasciatemi le ali;
tornate a casa nani, levatevi davanti, per la mia rabbia enorme mi servono giganti.
Ai dogmi e ai pregiudizi da sempre non abbocco e al fin della licenza io non perdono e tocco,
io non perdono, non perdono e tocco!

Io tocco i miei nemici col naso e con la spada,
ma in questa vita oggi non trovo più la strada.
Non voglio rassegnarmi ad essere cattivo,
tu sola puoi salvarmi, tu sola e te lo scrivo:
dev' esserci, lo sento, in terra o in cielo un posto
dove non soffriremo e tutto sarà giusto.
Non ridere, ti prego, di queste mie parole,
io sono solo un' ombra e tu, Rossana, il sole,
ma tu, lo so, non ridi, dolcissima signora
ed io non mi nascondo sotto la tua dimora
perchè oramai lo sento, non ho sofferto invano,
se mi ami come sono, per sempre tuo, per sempre tuo, per sempre tuo...Cirano


Lo so, lo so...non è la prima volta che ve lo propongo, almeno il testo, ma vorrei farvi conoscere la canzone, per me è bellissima, unica, irripetibile come il film...

Non so se conoscete la storia di Cirano De Bergerac, o se avete mai letto il libro...

Cirano è un brutto, con il suo enorme naso ridicolo, è deriso da tutti, schivato dalle donne.

Il suo aspetto però non gli impedisce di amare, e si innamora di Rossana, bellissima e per lui irraggiungibile.

Rossana a sua volta ama Cristiano, bellissimo ma vuoto...

Cirano, per amore suo, presterà le sue romantiche e dolci parole al bel volto di Cristiano,

favorendo l'amore dei due.

Alla fine, solo il giorno in cui Cirano sta per morire, Rossana scoprirà la verità, e si renderà conto di avere amato Cristiano, morto in battaglia, più per la sua anima che per il suo aspetto.

A voi le conclusioni...



lunedì 19 novembre 2007

Non dovresti...



Non dovresti conoscere la disperazione

se le stelle scintillano ogni notte;

se la rugiada scende silenziosa a sera

e il sole indora il mattino.

Non dovresti conoscere la disperazione - seppure

le lacrime scorrano a fiumi:

non sono gli anni più amati

per sempre presso il tuo cuore?

Piangono, tu piangi, così deve essere;

il vento sospira dei tuoi sospiri,

e dall'inverno cadono lacrime di neve

là dove giacciono le foglie d'autunno;

pure, presto rinascono, e il tuo destino

dal loro non può separarsi:

continua il tuo viaggio, se non con gioia,

pure, mai con disperazione!


Emily Bronte

venerdì 16 novembre 2007

Ricordo bene il suo sguardo


Ricordo bene il suo sguardo.
Attraversa ancora la mia anima
Come una scia di fuoco nella notte.
Ricordo bene il suo sguardo. Il resto…
Sì, il resto è solo una parvenza di vita.

Ieri ho passeggiato per le strade come una qualsiasi persona.
Ho guardato le vetrine spensieratamente
E non ho incontrato amici con i quali parlare.
D'improvviso mi sono sentito triste, mortalmente triste,
così triste che mi è parso di non poter
vivere un altro giorno ancora, e non perché potessi morire o uccidermi,
ma solo perché sarebbe stato impossibile vivere il giorno dopo e questo è tutto.

Fumo, sogno, adagiato sulla poltrona.
Mi duole vivere in una situazione di disagio.
Debbono esserci isole verso il sud delle cose
Dove soffrire è qualcosa di più dolce,
dove vivere costa meno al pensiero,
e dove è possibile chiudere gli occhi e addormentarsi al sole
e svegliarsi senza dover pensare a responsabilità sociali
né al giorno del mese o della settimana che è oggi.

Do asilo dentro di me come a un nemico che temo d'offendere,
un cuore eccessivamente spontaneo
che sente tutto ciò che sogno come se fosse reale
che accompagna col piede la melodia delle canzoni che il mio pensiero canta,
tristi canzoni, come le strade strette quando piove.

F.Pessoa

giovedì 15 novembre 2007

Questa è una mala notte


So quello che dirmi
vorresti in quest'ora...
Non dirlo!
Guarda laggiù il fondo dello stagno
che si fa cupo
e come si rincorrono le nuvole
specchianti sul velluto nero...
Non dirlo!
Questa è una mala notte.
Lo so,
in quest'ora infuria
nel profondo del tuo petto
tutto ciò che ti preme.
Non chiedere!
Sulla tua bocca indugia
ancora la parola che ci fa infelici...
Non dirla!
Questa è una mala notte.
Me lo dirai domani.
Non lo sappiamo,
chissà forse
domani tutto sarà miracolosamente facile
ciò che oggi nessun cuore può sopportare,
ciò che oggi mi rende tanto infelice.
Non chiedere!
Questa è una mala notte.

Se proprio devi odiarmi...


Se proprio devi odiarmi
fallo ora,
ora che il mondo è intento
a contrastare ciò che faccio,
unisciti all'ostilità della fortuna,
piegami
non essere l'ultimo colpo
che arriva all'improvviso
Ah quando il mio cuore
avrà superato questa tristezza.
Non essere la retroguardia di un dolore ormai vinto
non far seguire ad una notte ventosa
un piovoso mattino
non far indugiare un rigetto già deciso.
Se vuoi lasciarmi
non lasciarmi per ultimo
quando altri dolori meschini
avran fatto il loro danno
ma vieni per primo
così che io assaggi fin dall'inizio
il peggio della forza del destino
e le altri dolenti note
che ora sembrano dolenti
smetteranno di esserlo
di fronte la tua perdita.


W.Shakespeare

mercoledì 14 novembre 2007

Partire è un pò morire...


Partire è un po' morire

rispetto a ciò che si ama

poiché lasciamo un po' di noi stessi

in ogni luogo ad ogni istante.

E' un dolore sottile e definitivo

come l'ultimo verso di un poema...

Partire è un po' morire

rispetto a ciò che si ama.

Si parte come per gioco

prima del viaggio estremo

e in ogni addio seminiamo

un po' della nostra anima.



Edmond Haracourt

martedì 13 novembre 2007

Le lacrime






«Un viso lavato dalle lacrime è indicibilmente bello».
Sant'Atanasio ricorda di sant'Antonio, eremita del deserto,
che piangeva su di sé per giorni interi.
La conseguenza era che «il volto di sant'Antonio aveva una
bellezza sorprendente.
Egli non si agitava mai, la sua anima viveva una pace assoluta».
In realtà sul nostro occhio passa sempre un velo di lacrime,
il cosiddetto «film lacrimale», prodotto da quattro piccole ghiandole
poste ai lati degli occhi.
Ma, al di là del fenomeno fisico, la lacrima ha uno straordinario
valore simbolico dai significati molteplici.
Manifesta, infatti, la sofferenza facendola quasi brillare
nel suo mistero, ma esprime anche la felicità tant'è vero che
si è coniata la locuzione «piangere di gioia».
Ma, come ricordano i due testi sopra citati
(la prima frase è del Discorso ascetico di s. Efrem del IV sec.
e l'altra è tratta dalla Vita di s. Antonio scritta da s. Atanasio nel 357),
c'è anche il pianto di
conversione.
Il famoso scrittore ottocentesco francese François René de Chateaubriand
scriveva semplicemente così per descrivere il suo ritorno alla fede:
«J'ai pleuré et j'ai cru», ho pianto e ho creduto.
Il pianto spesso libera, fa quasi evaporare il grumo di amarezza
che è in noi ed è per questo che, dopo aver versato lacrime,
ci si sente un po' sollevati.
La persona ha spesso vergogna di farsi vedere mentre piange;
in realtà questo è un segno di umanità e, nel caso del pentimento,
è il principio della liberazione dal male e del perdono,
come è accaduto in quella notte a s. Pietro, quando,
dopo che i suoi occhi si erano incrociati con quelli di Gesù,
aveva «pianto amaramente».

Il nostro volto e non solo l'occhio si purifica e rivela
una riacquistata serenità interiore,
una pace e una nuova bellezza.


(dal sito Catechumenium)

Sull'Amore




Si chiama amore ogni superiorità, ogni capacità di comprensione, ogni capacità di sorridere nel dolore. Amore per noi stessi e per il nostro destino, affettuosa adesione a ciò che l'Imperscrutabile vuole fare di noi anche quando non siamo ancora in grado di vederlo e di comprenderlo - questo è ciò a cui tendiamo.

H.Hesse

lunedì 12 novembre 2007

Dalla soglia di un sogno...



Dalla soglia di un sogno mi chiamarono…

Era la buona voce, amata voce.

- Dimmi: verrai con me a vedere l’anima?…

Una carezza mi raggiunse il cuore.

- Sempre con te… Ed avanzai nel sogno

per una lunga, spoglia galleria;

sentii sfiorarmi la sua veste pura

e il palpito soave della mano amica.


Machado


Nella nebbia




Strano, vagare nella nebbia!
E' solo ogni cespuglio ed ogni pietra,
né gli alberi si scorgono tra loro,
ognuno è solo.

Pieno di amici mi appariva il mondo
quando era la mia vita ancora chiara;
adesso che la nebbia cala
non ne vedo più alcuno.

Saggio non è nessuno
che non conosca il buio
che lieve ed implacabile
lo separa da tutti.

Strano, vagare nella nebbia!
Vivere è solitudine.
Nessun essere conosce l'altro
ognuno è solo.


H.Hesse