|
|
«Un viso lavato dalle lacrime è indicibilmente bello». Sant'Atanasio ricorda di sant'Antonio, eremita del deserto, che piangeva su di sé per giorni interi. La conseguenza era che «il volto di sant'Antonio aveva una bellezza sorprendente. Egli non si agitava mai, la sua anima viveva una pace assoluta». In realtà sul nostro occhio passa sempre un velo di lacrime, il cosiddetto «film lacrimale», prodotto da quattro piccole ghiandole poste ai lati degli occhi. Ma, al di là del fenomeno fisico, la lacrima ha uno straordinario valore simbolico dai significati molteplici. Manifesta, infatti, la sofferenza facendola quasi brillare nel suo mistero, ma esprime anche la felicità tant'è vero che si è coniata la locuzione «piangere di gioia». Ma, come ricordano i due testi sopra citati (la prima frase è del Discorso ascetico di s. Efrem del IV sec. e l'altra è tratta dalla Vita di s. Antonio scritta da s. Atanasio nel 357), c'è anche il pianto di conversione. Il famoso scrittore ottocentesco francese François René de Chateaubriand scriveva semplicemente così per descrivere il suo ritorno alla fede: «J'ai pleuré et j'ai cru», ho pianto e ho creduto. Il pianto spesso libera, fa quasi evaporare il grumo di amarezza che è in noi ed è per questo che, dopo aver versato lacrime, ci si sente un po' sollevati. La persona ha spesso vergogna di farsi vedere mentre piange; in realtà questo è un segno di umanità e, nel caso del pentimento, è il principio della liberazione dal male e del perdono, come è accaduto in quella notte a s. Pietro, quando, dopo che i suoi occhi si erano incrociati con quelli di Gesù, aveva «pianto amaramente».
Il nostro volto e non solo l'occhio si purifica e rivela una riacquistata serenità interiore, una pace e una nuova bellezza.
(dal sito Catechumenium)
|
|
Nessun commento:
Posta un commento